“Si vede che il creatore quando ha fatto il mondo avrà chiesto aiuto al diavolo e gli avrà detto di fare la Sardegna.”
– Gavino Ledda
È da un po’ di tempo che ci penso: in Sardegna, anche se in pochi lo sanno, conviviamo amabilmente coi nostri demoni, ce li facciamo amici e poi ce li portiamo pure appresso quando emigriamo.
Anzi a quel punto diventano ancora più importanti, ci caratterizzano e ci aiutano a superare la nostalgia di “casa” .
La nostra tendenza ad essere un po’ introversi e la familiarità con la solitudine ci fanno vedere il mondo con disincanto in certi ambiti (quando si tratta di essere risoluti sappiamo esserlo senz’altro), per altri invece siamo estremamente sognatori e avvezzi alla poesia al limite dell”anacronistico.
“Su dimoniu chi s’ha nasciu” ci gridavano i nostri genitori, zii o nonni, quando da piccoli combinavamo qualche marachella.
I nostri demoni ci sono molto cari perché ci ricordano il vento che solleva la sabbia delle nostre dune, il sole cocente che rende succosa sa figu murisca, la severa figura delle donne che ci hanno ispirato.
Il nostro demone ci accompagna in ogni gesto nero e autunnale come i pensieri che ci sovrastano quando rimpiangiamo l’estate.
È lui che ci spinge a cercare il sole, la luce di ogni cosa, per rendercela più familiare. Ci fa operare una continua ricerca per rendere l’altrove dell’altro il nostro qui.
Terra arida e amara, quella in cui è nato il nostro demone. Ha dovuto imparare a scandagliare minuziosamente ogni centimetro alla ricerca di quella goccia di miele che potesse dissetarlo.
La dolcezza ha imparato a procurarsela da solo, attingendo a quel miele amaro ma raro e insostituibile.
E allora si, a voler ben vedere il nostro demone è un angelo.
Alice Murgia